“Attiro sempre lo stesso tipo di persona. Sarà che ho un cuore troppo grande.”

No. Non è il cuore troppo grande. È lo schema mentale troppo rigido.

Quante volte hai pensato – o detto ad alta voce, possibilmente davanti a un amico compiacente o a un bicchiere mezzo vuoto – che “in amore non sei fortunato/a”? Che “ho proprio il radar per i casi umani”, o “mi innamoro sempre delle persone sbagliate”?

Guarda meglio: stai mentendo. E lo sai.

Non è sfortuna. Non è caso. Non è che Cupido ha l’astigmatismo.
È che c’è una parte di te che riconosce al volo il tuo personale tipo di partner tossico, lo seleziona con cura… e si eccita pure.

Perché? Perché quella parte non vuole un legame sano. Vuole confermare un copione.

Se nel profondo ti senti inadeguato, il partner tossico diventa la tua punizione narrativa.
Se temi l’abbandono, cercherai (inconsciamente) chi è bravissimo a sparire.
Se vuoi salvare qualcuno, ecco il naufrago perfetto per affondarti.

E no, non sei stupido/a. Sei programmato/a. Programmato da relazioni precoci, esperienze infantili, meccanismi che funzionavano a 8 anni ma che oggi ti stanno sabotando la vita affettiva.

La cosa tragica (e comica) è che continuiamo a raccontarcela bene:
“È stato solo un caso”, “Mi ha ingannato”, “Era perfetto all’inizio”.
Certo. E io sono una lavastoviglie.

La verità è più bastarda, ma anche più liberatoria: li scegliamo, li accogliamo, li nutriamo con le nostre crepe.
E poi, quando ci mordono, gridiamo allo scandalo.

Questo articolo non è qui per darti colpe. È qui per darti occhi nuovi.

Perché finché continui a pensare che sei solo sfortunato/a, ti condanni alla replica.
E finché ti vedi come vittima dell’amore, non potrai mai diventare autore della tua storia.

Donna guarda il proprio riflesso in uno specchio rotto, dove appaiono volti maschili inquietanti: rappresentazione simbolica del legame con partner tossici e del processo di autoanalisi interiore.

Smettila di chiamarla sfortuna: il partner tossico non è un guasto del destino

“Non capisco… sono sempre sfortunato/a in amore.”
La sfortuna è perdere il treno per colpa del semaforo rosso.
Non è una strategia relazionale ripetuta con precisione millimetrica.

Nel vocabolario del sentimentalmente disorientato, la parola “sfortuna” è un evergreen.
Serve per spiegare relazioni finite male, scelte discutibili, partner tossici che si sono rivelati tali “solo dopo”.
Peccato che quel “dopo” abbia la fastidiosa abitudine di ripresentarsi sempre uguale.

Chiami “sfortuna” ciò che non vuoi riconoscere come schema.
Chiami “fatalità” ciò che, in realtà, è una sequenza affettiva costante con lievi variazioni sul tema.

Eppure è più rassicurante immaginarsi come una povera creatura romantica travolta da eventi esterni, che ammettere:

“Forse il problema non è chi arriva, ma cosa mi fa restare.”

La trappola semantica della sfortuna

Il problema non è la parola. È l’alibi che costruisce.

Parlare di “sfortuna in amore” ti permette di:

  • Non mettere in discussione i tuoi criteri di scelta,
  • Evitare una riflessione autentica su quello che tolleri (e perché),
  • Legittimare la passività emotiva come fosse innocenza.

Ma nel mondo reale, il partner tossico non piove dal cielo. Arriva camminando su strade che tu stesso/a hai battuto più volte.

Quando smetti di usare la parola “sfortuna”, succede una cosa pericolosa (e utile):
devi iniziare a farti domande reali.
E non puoi più fingere che sia tutto colpa loro, del karma, o delle lune storte.

Non c’è nulla di spirituale nell’attrarre sempre lo stesso tipo di disastro vestito da amore.
Non è l’universo che ti mette alla prova.
È che insisti a usare una mappa emotiva che ti porta dritto nel fango e poi ti lamenti delle macchie.

Il primo atto di lucidità è smettere di chiamarla sfortuna.
Il secondo? Lo vediamo tra poco.


I partner tossici più comuni: archetipi dell’apocalisse sentimentale

Se pensi di avere “un tipo”, hai ragione.
Solo che è radioattivo.

Non tutti i partner tossici sono uguali. Alcuni sono fuochi d’artificio che ti bruciano le ciglia e l’autostima. Altri sono camaleonti empatici che si mimetizzano nei tuoi bisogni fino a diventare indistinguibili da essi. Tutti, però, hanno una cosa in comune: ti ricordano qualcosa di te che preferiresti non guardare.

Ecco una piccola galleria degli orrori affettivi – in formato archetipico, bastardo ma terapeutico – per aiutarti a riconoscere che tipo di partner tossico ti ritrovi a chiamare a raccolta.

🧛‍♂️ Il Vampiro Emotivo

Succhia attenzioni, tempo, energie vitali e poi ti accusa di essere diventato/a freddo/a.
Si nutre delle tue insicurezze, delle tue notti insonni e del tuo senso di colpa.
Lo lasci? Ti fa sentire crudele. Lo tieni? Ti dissangua.
Motivazione inconscia che ti lega: “Se mi svuoto per lui/lei, allora valgo qualcosa.”

🪞 Il Narciso con l’Empatia in Leasing

Ti riflette solo quando gli conviene. Ti idealizza, poi ti svaluta.
Ti seduce con maestria per poi sparire tra un selfie e una ghostata.
Partner tossico per eccellenza, perché è brillante, carismatico e… completamente vuoto.
Motivazione inconscia: “Se mi ama lui/lei, allora esisto.”

🎭 Il Manipolatore Bipremiato (Oscar + Guilt Trip)

Fa gaslighting come se fosse uno sport olimpico. Ti fa dubitare della tua memoria, delle tue emozioni, della tua sanità mentale.
Quando provi a reagire, ti dice che stai esagerando. E magari ti regala pure dei fiori.
Motivazione inconscia: “Se lo/la capisco abbastanza, allora smetterà di farmi male.”

💣 Il Borderline da Manuale (che ti fa sentire viva solo quando sparisce)

Ogni giorno un’estasi o un abbandono. Intensità al limite della tossicodipendenza.
Ti ama follemente, poi ti distrugge. Ti cerca, poi ti punisce.
E tu, ovviamente, ti senti speciale.
Motivazione inconscia: “Soffrire è l’unico modo per sentire che è vero.”

🛋️ Il Passivo-Aggressivo Interior Designer

Non ti urla contro, ma ti fa a pezzi con mezze frasi, silenzi selettivi e micro-sabotaggi.
Ti punisce col non detto. Ti esaspera, poi si offende se alzi la voce.
Motivazione inconscia: “Se riesco a cambiarlo/a con la pazienza, allora valgo.”

🧠 Il Terapeuta da Letto

Analizza ogni tuo gesto, ti psicanalizza durante i litigi, ti fa sentire un progetto da migliorare.
Ma quando tocchi le sue ferite? Evapora o si chiude come un bunker.
Motivazione inconscia: “Se lui/lei mi capisce così bene, allora ci salveremo insieme.”

🧊 Il Fantasma Gentile

Ti ha conquistato con delicatezza, attenzioni, promesse. Poi si è dissolto.
Ogni tanto torna, giusto per ricordarti quanto ti manca.
Non è cattivo, è semplicemente non disponibile.
Motivazione inconscia: “Se riesco a farlo restare, finalmente avrò valore.”

Tutti questi archetipi hanno una cosa in comune: non sono il problema. Sono il sintomo.

Il partner tossico è solo lo specchio (rotto) in cui una parte di te continua a guardarsi.
La domanda da farti non è: “Perché lui/lei è così?”
La domanda vera è: “Perché io lo/la riconosco come amore?”

Perché proprio tu li attiri (la parte di te che li chiama a raccolta)

“Ma io sono una persona buona, affettuosa, leale… Perché finisco sempre con un partner tossico?”

Perché l’inconscio non premia la bontà. Premia la coerenza con il tuo schema interno.
In altre parole: attiri ciò che conferma l’idea che hai (inconsciamente) di te stesso e dell’amore.

Il partner tossico non arriva per caso.
Lo scegli, lo riconosci, lo legittimi.
E lo fai da quella parte di te che non ti piace tanto guardare, ma che decide ancora per te quando sei vulnerabile.

Le dinamiche invisibili che li attirano come mosche su un ego instabile:

1. Credenza radicata = attrazione automatica

Se dentro di te hai inciso a fuoco “Devo meritare l’amore”, ecco che arriva qualcuno che te lo fa sudare.
Se pensi “nessuno resta davvero”, attirerai chi parte prima ancora di arrivare.

2. Ferita affettiva = calamita relazionale

I tuoi traumi non risolti hanno gusto.
E il partner tossico sa esattamente che sapore hanno.

Se hai una ferita da abbandono, fiuti il distaccato come un cane da tartufo emotivo.
Se ti hanno fatto sentire sbagliato, troverai chi te lo fa rivivere con stile e vocabolario ricercato.

3. Autostima condizionata = tolleranza al veleno

Più credi di valere poco, più tolleri chi ti svuota.
Non perché sei masochista, ma perché ti sembra normale. È ciò che conosci. È “casa”.

Il test non è un gioco (ma è una lama affilata travestita da quiz)

Sì, è un test. No, non è “solo per ridere”.

Lo sappiamo: i test piacciono perché sembrano leggeri, innocui, magari perfetti da condividere nelle storie per riderci su con l’amica che ha appena lasciato l’ennesimo partner tossico.
Ma questo test no. Questo test è un bastardo.

Non perché ti giudica, ma perché ti riflette.

È uno specchio con le luci sparate in faccia, il tipo di luce che fa uscire i brufoli dell’anima e le rughe della coscienza.

Dalla recita alla riscrittura (sì, puoi scegliere altro)

“Io non voglio più attirare partner tossici.”
Bene. Allora smetti di pensare come una comparsa e inizia a riscriverti come autore.

Perché sì, si può scegliere altro.
Ma serve una cosa che pochi vogliono davvero: vedersi con chiarezza.
Non solo come vittima di una relazione disfunzionale, ma come parte attiva di un copione che va in scena da troppo tempo.

Pronto a guardarti nello specchio rotto?

Fai il test 👉 Che tipo di partner tossico attiri (e perché in fondo ti piace così)?
Scopri il tuo archetipo relazionale e inizia a cambiare dentro, invece di cambiare solo nome alla persona che ti rovina le giornate.

Articoli simili

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *